lunedì 26 gennaio 2009

Il dilemma della colf

Stamattina ho steso e ho dato l'aspirapolvere, è una mansione che mi piace abbastanza (tra quelle possibili) e non richiede troppa concentrazione, non permette l'ascolto della musica quindi lascia liberi di pensare.
Libero fino ad un certo punto, perchè immancabilmente mentre do l'aspirapolvere (mi ero ripromesso di fare le pulizie almeno una volta alla settimana, ed è l'unico dei miei propositi che dipenda interamente da me) il mio pensiero è sempre lo stesso: il dilemma della colf.

Ho proposto spesso a mia moglie di assumere una donna delle pulizie ma, siccome non siamo d'accordo, non l'abbiamo mai fatto (nelle scelte attive che richiedono l'unanimità, ovviamente vince chi vota contro).

Così ogni volta che do l'apirapolvere penso ai motivi a favore o contrari a questa scelta.

Motivi pro-colf
  • Maggior tempo libero per fare altre cose (questo è ovviamente il motivo principale declinabile in una miriade di sotto-motivazioni concrete tra cui le più efficaci sono maggior tempo da passare tra noi e a giocare con i figli che, guarda caso, sono gli altri due propositi per il mio 2009!)
  • Minor stanchezza a fine giornata e fine settimana
  • Minor rischio di avere la casa sporca quando si vorrebbero invitare ospiti: interessa solo me
  • Dare lavoro ad una persona che lo fa di mestiere (quella che la mia commercialista, sfacciatamente pro-colf, chiama circolazione del reddito)
Motivi contro-colf
  • Motivazione educativa: è quella che maggiormente condivido. Voglio che i miei figli imparino 1. che bisogna essere responsabili della pulizia e dell'ordine luogo in cui si vive, 2. che non ci sono lavori o mansioni che non si possano fare, 3. che siano autosufficienti. Ovviamente per loro è più facile imparare queste cose dall'esempio che leggendo il mio blog.
  • Contro-Motivazione sul tempo libero: paura che il tempo "recuperato" verrebbe investito in maggior lavoro e non in tempo libero in famiglia ... da dimostrare
  • Spesa per la colf: questa è una motivazione che a prima vista sarebbe semplice da risolvere, se si hanno più soldi che tempo si sceglie sì, se si ha più tempo che soldi si sceglie no. Invece sotto-sotto anche questa è più complessa. Innanzitutto come nella precedente racchiude il rischio di un circolo vizioso per cui più si ha tempo più si lavora più si delega o rinuncia alla propria vita per lavorare, etc. Inoltre non è detto che la situazione tempo/soldi sarà sempre la medesima e sono convinto che sia sempre difficile tornare indietro su certe abitudini. Infine, se si hanno più soldi che tempo, la scelta migliore non sarebbe (potendo) lavorare un po' meno (so già che ci farò un post appost!).
  • Motivazione comunista/femminista: non è giusto che un'altra persona, e soprattutto un altra donna, debba fare quello che non vogliamo fare noi. Anche la risposta a questa obiezione è meno ovvia di quello che sembri. Subito viene da obiettare che nessuno costringe la signora delle pulizie a fare quel mestiere, che è appunto un lavoro come ogni altro che le permette di mantenersi e mantenere la sua famiglia. E che, come si vuole insegnare ai figli, non esistono lavori degni o meno degni e che magari nemmeno allo spazzino piace pulire la strada e vuotare il cassonetto ... ma non è proprio così ...
Il movimento femminista, l'emancipazione della donna hanno tolto le donne dai loro ruoli tradizionali di gestione della casa e delle età limite della vita (neonati ed anziani). Io credo che sia giusto, che quei ruoli non debbano essere solo delle donne ma divisi equamente tra uomini e donne.
Troppo spesso però ci si ferma a misurare quanto questa rivoluzione sia in realtà avvenuta davvero (e in parte è avvenuta) o quanto sia solo aumentato il carico di lavoro delle donne.

Poco spesso, a mio avviso, ci si ferma invece a considerare (perchè non lo si vuole vedere) quanto il peso di questa rivoluzione sia stato fatto pagare ad altre donne che evidentemente, per parafrasare Orwell, sono meno donne delle nostre. Sono le varie filippine, rumene, polacche che si occupano dei nostri bambini, delle nostre case e dei nostri anziani.
Per farlo esse hanno dovuto rinunciare alla loro terra, alla loro famiglia, ai loro bambini. Sono le nostre nuove schiave, le schiave globali.

Schiave globali

Si veda a questo proposito il volume di Rachel Salazar Parrenas “Servants of Globalization”. Attraverso un’indagine etnografica che scava nelle dinamiche migratorie delle donne filippine in due “città globali” come Roma e Los Angeles, Parrenas mette in luce con chiarezza i processi che contraddistinguono la vita di questa forza lavoro migrante femminile, ricostruendo le cause ed effetti di quella condizione di quasi-cittadinanza, o “cittadinanza parziale”, a cui le donne filippine sono relegate. Rappresentate come “eroine” dal proprio stato di origine, a partire dal cruciale ruolo che esse svolgono nel sostenere l’economia nazionale attraverso le loro rimesse, esse non solo si ritrovano “orfane” della cittadinanza di origine, ma raramente hanno accesso a reali diritti di cittadinanza anche nei paesi di emigrazione, nei quali sono piuttosto soggette alle dinamiche flessibili di un mercato del lavoro, quello di riproduzione e di cura, specchio dei processi di ristrutturazione dei welfare imposte dalla globalizzazione e dal neo-liberismo. Non a caso Parrenas definisce le migranti/domestiche della globalizzazione come “prodotti” e “merci” della globalizzazione , la cui esportazione, al pari di quella degli altri manufatti, genera valore aggiunto sia al paese di origine che a quelli di destinazione. (Nota ad un articolo di Ruba Salih)
Le schiave (anzi, in passato erano schiavi e schiave; paradossalmente esisteva meno il problema femminista e più quello comunista) sono sempre esistite e anche le colf.
Ma un tempo i signori (ma quelli erano altri tempi e quelli erano davvero Signori) si facevano carico in pieno delle proprie colf e le inserivano nelle loro famiglie. La cuoca viveva nella casa del padrone (magari nella cucina), il marito si occupava del giardino, mangiavano nella casa del padrone (magari in cucina), i figli della cuoca giocavano con i figli del padrone e la vecchia cuoca veniva accudita negli ultimi anni della sua vita nella casa del padrone.
Oggi nessuno terrebbe in casa la colf a vita. Quasi nessuno tiene più in casa la colf. A meno che non ci siano porprio neonati o anziani non autosufficienti (ma in questo caso l'anziano e la badante vengono rinchiusi in una casa comune che possibilmente non sia quella del padrone) è meglio che la colf stia a casa sua (e se ce l'ha ho meno non è problema che ci riguardi).
A chi interessa che la colf abbia dei figli in Polonia? O che il fatto di vivere e lavorare qui le impedisca di avere una famiglia?
Oggi un po' di più, ma fino a ieri nessuno si preoccupava di mettere in regola la colf, di pagarle i contributi che avrebbero potuto garantirle una pensione, cosa succeda alla colf quando non ci serve più non è un problema che ci riguarda.

Con questo non voglio certo dire che si stava meglio quando si stava peggio o ineggiare alla schiavitù. Però forse avere i servi in casa rendeva più responsabili.
Noi tendiamo ad allontanare i problemi per porli fuori dal nostro campo visivo e poi a dimenticarli. Non ci sono più le navi che dall'africa portano qui gli schiavi a lavorare ... però ci sono ancora navi che portano il lavoro agli schiavi cinesi e navi che portano qui prodotti lavorati dagli schiavi africani. Solo che noi non li vediamo più e possiamo convincerci che la schiavitù è stata abolita nel secolo scorso.

Adesso sono fiero di aver dato l'aspirapolvere.
Tra l'altro mi è rimasto anche il tempo di scrivere questo lungo, provocatorio, non esaustivo, ma importante post.

6 commenti:

  1. Mi sembrano seghe mentali di chi ha troppo tempo libero, ecco. Forse hai dato male l'aspirapolvere ;).
    Chi non è merce?

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  2. Effettivamente "seghe mentali di chi ha troppo tempo libero" potrebbe benissimo essere il sottotitolo non solo di questo post ma di tutto il mio blog.
    Così da oggi il sottotitolo di PIGNOLOGY non è più "il pigna pensiero" ma diventa "a BRAND new blog".
    Per chi non conoscesse il significato che brand aveva per noi negli anni '80 può trovare qualche riferimento qui.

    Per quanto riguarda "chi non è merce?" mi sembra un po' come i vari "siamo tutti schiavi" e "siamo tutti poveri" di chi vuole negare che al mondo ci siano ancora grandi ingiustizie, povertà e schiavitù. Il primo passo credo sia ammettere di stare dalla parte più libera e più ricca.

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  3. Io rifletterei su questo: le nostre nonne sono state schiave per far progredire noi.

    Poi, 'sto chiamarle schiave, non mi sembra appropriato. Credo sia molto più schiavo un cameriere o un ristoratore, che lavora durante il tuo tempo libero, ti fa da mangiare e te lo porta al tavolo. Così, a braccio.

    Ricordati che l'ingiustizia è uno dei motori dell'evoluzione, come la mutazione :). Seppur negativa - e qui non la vedo - ha il grande potere di muovere masse e svegliare coscienze.

    PS la mia colf prende 7/8 euro all'ora. Io, se faccio il conto orario sto sui 6/7. Alla faccia della schiavitù.

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  4. Sul fatto che nessuno si tiene più le colf: do' la metti in 70 m quadrati di casa? Il giardino poi lo fa mia moglie... per il ficus benjamin non abbiamo un granchè bisogno di giardinieri.

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  5. Il mio riferimento alla tratta degli schiavi era per giustificare uno dei punti centrali del mio post:
    A chi interessa che la colf abbia dei figli in Polonia? O che il fatto di vivere e lavorare qui le impedisca di avere una famiglia?
    Sono d'accordo che non ci sono lavori più schiavizzanti di altri in assoluto, ma ci sono condizioni di vita che permettono libertà maggiori e condizioni che lasciano meno scelta. Noi siamo ricchi e liberi ...
    Il discorso che fai sull'evoluzione, e il riferimento alle nonne, non fa che confermare la mia idea che ad ogni privilegio corrisponde uno sfruttamento, per quanto nascosto e/o lontano (nello spazio e/o nel tempo) esso sia.
    L'evoluzione è ingiusta ... l'uomo può cercare di essere giusto, almeno nei confronti dei suoi simili.

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  6. secondo me le tue argomentazioni sono proprio utopico-comuniste. il fatto che tu non creda nella libera scelta (sì, credo che un uomo o donna che sia, per quanto povero o derelitto, abbia sempre una scelta) e lo espliciti qui

    "Subito viene da obiettare che nessuno costringe la signora delle pulizie a fare quel mestiere, che è appunto un lavoro come ogni altro che le permette di mantenersi e mantenere la sua famiglia. E che, come si vuole insegnare ai figli, non esistono lavori degni o meno degni e che magari nemmeno allo spazzino piace pulire la strada e vuotare il cassonetto ... ma non è proprio così ..."

    ti mette in un punto di vista "biased".
    La loro scelta è appunto lavorare dignitosamente invece che fare le mignotte, ad esempio. O spacciare, nel caso del giardiniere.

    Non ti piace, sono sicuro, ma l'evoluzione e l'ingiustizia sono necessarie. Senza queste saremmo ancora in caverna a infilare perline.

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